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![]() Adesso “vi racconterò la mia giornata tale e quale a come io l'ho passata” Da casa alla stazione una lunga e piacevole chiacchierata col tassista, che racconta del ristorante che aveva vicino Pavia ma che non è riuscito a mantenere dopo la morte dei genitori. E allora via in strada verso una nuova vita, a raccontare e ascoltare storie. A fine corsa mi regala una caramella della pasticceria dello zio 85enne. Che vuole morire facendo dolci. Le mascherine nascondono tutto, tranne gli occhi. Così la receptionist dell'hotel prova a riconoscere chi la saluta. Compreso noi. “Ci siamo già visti anni fa, vero?” A pranzo il cameriere si sofferma sulla carta di credito. È falsa? È scaduta? No, peggio: abbiamo lo stesso nome! Siamo increduli. Dopo quasi 40 anni posso vendicarmi e chiederlo pure io: “come mai ti chiami Gregory?” Il primo bagno dell'anno purifica. È il battesimo che rifaccio sempre volentieri. Quest'anno poi di più, anche se l'acqua è fredda, anche se tira vento, anche se non si suda troppo sotto il sole. Non vedevo il mare dall'anno scorso, sembra una vita fa. Forse lo è. Arriva la cena. E al mare è sempre tutto più buono. Il cameriere mi guarda e mi chiede se voglio l'Amaro del Capo. Soddisfazioni, ma declino e gli chiedo un liquore della zona (Liguria). Ora è notte e si sentono solo i gabbiani fare un gran casino. “Mi lavo i denti, mi metto in mutande E penso che questa vita Sia solo, una gran buffonata” Ma tutto sommato divertente ☺️ p.s. i virgolettati sono tratti da testi di Appino p.p.s. anni fa scattai una foto simile a questa, in Calabria. Due gocce d'acqua. ![]() Non so dove i gabbiani abbiano il nido, ove trovino pace. Io son come loro in perpetuo volo. La vita la sfioro com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo. E come forse anch'essi amo la quiete, la gran quiete marina, ma il mio destino è vivere balenando in burrasca. (Vincenzo Cardarelli) Ognuno vive questo periodo a suo modo. Io mi sono divertito a unire le sensazioni, giorno dopo giorno, dalle prime raccomandazioni ai veri e propri divieti di uscire. Limitandomi a osservare e vivere. Ecco la seconda parte della mia personale rubrica "I lati positivi" Guardiamo i lati positivi (Cap XV) Troppo facili le foto ai piatti pieni e belli! L'immagine perfetta del piatto è quella più brutta da vedere. Vuoto, leggermente sporco. Vissuto! "Sono il vuoto, non sono diverso dal vuoto, né il vuoto è diverso da me; in realtà il vuoto sono io" (Jack Kerouac) Guardiamo i lati positivi (Cap XVI) Sabato sera a casa, che fare? Guardare un film mai visto ad esempio? No! Rivediamo Aprile, che per qualche insana ragione mette buon umore! 🙄 "Muscoli! Così non ti vengono quelle spallucce vittimiste dei tennisti italiani, che perdono sempre per colpa dell'arbitro, del vento, della sfortuna, del net... sempre per colpa di qualcuno, mai per colpa loro!" (Nanni) Guardiamo i lati positivi (Cap XVII) Da qualche giorno girano in rete fake news (e a ruota stupidi post acchiappa like...) sul disimpegno di associazioni come EMERGENCY e Medici Senza Frontiere. Abbiamo i mezzi per informarci e verificare, quindi prima di condividere cazzate meglio fare un giro sui siti dei diretti interessati (che nel caso specifico stanno dando aiuti enormi contro il Covid-19) Ecco, in tutto questo gran casino, per me Emergency resta un punto di riferimento. Il buon esempio. "L'importante è capire fino in fondo che se ci sono persone che hanno bisogno di essere curate questo vada fatto" (Gino Strada) Guardiamo i lati positivi (Cap XVIII) "ascolta, dato che di partire qui non se ne parla, portami tu un po' di regioni, uniamolo questo paese!" Ed ecco il risultato! (estrema curiosità per quell'Aglianico Terre di Cosenza!) "Camminare con quel contadino che forse fa la stessa mia strada, parlare dell'uva, parlare del vino che ancora è un lusso per lui che lo fa" (Rino) Guardiamo i lati positivi (Cap XIX) Oggi è il compleanno di Milena ma sono giustificato se non le ho comprato il regalo! Vorrà dire che passeremo il tempo a guardare vecchie foto. Oppure ad ascoltare finalmente le registrazioni del suono del mare che faccio ogni anno da quando mi hai chiesto di portarcelo a Milano. Che può sempre servire nei momenti difficili. Guardiamo i lati positivi (Cap XX) Mi manca girare a zonzo per le vie di Milano, mi mancano le presentazioni, gli eventi, il contatto con i "miei" autori e il collettivo UNDERGROUND? Ma non avevo mai letto Montale col sole in faccia sulla "ringhiera", sorseggiando un buon vino e spiando i (limitati) movimenti dei vicini. 😂 E in fondo nemmeno il violento e costante soffritto dei filippini del piano di sotto mi turba troppo! In un silenzio surreale, ma a suo modo interessante. Guardiamo i lati positivi (Cap XXI) Oggi il sole è caldo. E mette buon umore, nonostante tutto. Non ho voglia di leggere i tuttòlogi di economia, vi preferisco quando spiegate come fare un piatto tipico di una regione in cui non siete mai stati! Meglio osservare i piccioni che ormai dominano indisturbati la città, oppure le farfalle. Spuntano pure loro adesso. "Di dove i colori gentili delle farfalle, e la loro abilità al volo? Sono figlie di una mosca e di un fiore" (Primo Levi) Guardiamo i lati positivi (Cap XXII) Anche se si è serenamente atei, in fondo questo Cristo ci è simpatico (come quando giudica la sua generazione, ad esempio). E questi giorni sono inevitabilmente, per tutti, associati alla convivialità. Per noi terroni anche al viaggio, al ritorno al Sud. Una delle ultime belle uscite prima dei domiciliari collettivi risale al solito 11 gennaio. Quando in piazza Duomo ci si ritrova ogni anno per ricordare De André: "Come ti senti amico, amico fragile, se vuoi potrò occuparmi un'ora al mese di te" Non sono giorni sempre facili, ma con Faber, Guccini, vino e pesce, si raddrizza sempre tutto. E anche questi cortili milanesi ormai da tempo sono una mia casa. Guardiamo i lati positivi (Cap XXIII) “Vorrei che fosse stupendo e irrinunciabile come un 25 aprile” E come ogni anno è necessario mettere una linea sempre più netta tra noi e i fascisti. Che ci sono sempre stati e sempre ci saranno, seppur con forme e nomi diversi. Seppur ridicoli come quelli di oggi. Anche se chiusi in casa (non usciremo no, ma le parole di Mentana le condivido totalmente) rivendichiamola questa preziosa diversità. Anche su web, chi riesce (non me ne vogliate ma le iniziative virtuali su questa data mi attirano molto poco, io aspetto con pazienza di tornare al 25 aprile urlato, sudato, vissuto). Si avvicina il 25 aprile, nonostante tutto. Guardiamo i lati positivi (Cap XXIV) 25 aprile. Questa data è un valore. E tra i tantissimi anziani morti in questo tremendo periodo c'è anche la memoria di quegli anni. Abbiamo il dovere di preservarla e tramandarla. Siamo tutti coinvolti. È una sofferenza non poterci ritrovare in strada. In un corteo dove sai di incontrare sempre amici. Ma questa data non verrà mai strappata dal calendario. Né da un virus, né dall'idiota di turno. "I partigiani sono le migliori persone che abbiamo avuto. Finché non torneranno donne e uomini come loro, sarà difficile che il 25 aprile festeggeremo qualcos'altro" Buon 25 aprile. A tutti, anche a quelli che non sanno ancora dire grazie. Guardiamo i lati positivi (Cap XXV) In questi difficili giorni arriva una buona notizia: un ragazzino permaloso mi ha bloccato su Twitter! “Io mi dico: è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati” 😂 Guardiamo i lati positivi (Cap XXVI) Lavoro. Sia da dipendente che da “imprenditore”. E sono consapevole di essere fortunato. Con la casa editrice cerchiamo di tenere un occhio aperto sul mondo intorno. E su quello che sarà. Ad esempio ci è arrivato questo testo. Maurizio che dici? Lo pubblichiamo? "Basti ricordare le crisi commerciali, che nei loro ritorni periodici sempre più minacciosamente mettono in forse l'esistenza di tutta la società borghese. Nelle crisi commerciali viene regolarmente distrutta una gran parte non solo dei prodotti già ottenuti, ma anche delle forze produttive che erano già state create. Nelle crisi scoppia un'epidemia sociale che in ogni altra epoca sarebbe apparsa come un controsenso: l'epidemia della sovrapproduzione. La società si trova improvvisamente ricacciata in uno stato di momentanea barbarie; una carestia, una guerra generale di sterminio sembrano averle tolto tutti i mezzi di sussistenza; l'industria, il commercio sembrano annientati, e perché? Perché la società possiede troppa civiltà, troppi mezzi di sussistenza, troppa industria, troppo commercio” Buon Primo Maggio. Foto di Lewis W. Hine (Ragazzi in una miniera di Carbone in Pennsylvania, 1911)
Ognuno vive questo periodo a suo modo. Io mi sono divertito a unire le sensazioni, giorno dopo giorno, dalle prime raccomandazioni ai veri e propri divieti di uscire. Limitandomi a osservare e vivere. CAP I Nelle ore di “coprifuoco” ora si sta tutti insieme a casa a parlare amabilmente, a sfogliare album fotografici, a guardare un film in tv insieme, a leggere un buon libro, a fare l’ammmore. Oppure a scartare un altro pacco. Scaffali vuoti, non ci avete mai fatto paura, sappiatelo! CAP II A Milano alle fermate dei mezzi pubblici non ci sono più i testimoni di Geova a ricordarci che moriremo tutti. CAP III Anche oggi Milano dormicchia. E posso intervistare indisturbato in un parco silenzioso Massimo Pirotta, per il mio nuovo documentario in arrivo! E no, non gli ho chiesto nulla "di quella volta con Kurt Cobain" CAP IV Oggi interessa più il campionato che il coronavirus. E in fondo è giusto così. Ma se Elio Germano vince l’Orso d’Argento come miglior attore alla Berlinale2020 per «Volevo Nascondermi» di Giorgio Diritti, il mondo torna a essere un buon posto per qualche ora, dai P. S. Fatecelo vedere questo film però... CAP V Migliaia di lavoratori continuano ad andare a lavorare ogni giorno, perché fermarsi è inutile. Spesso dannoso. E si fanno sforzi, sacrifici. Ma siamo decisamente meno del solito e per il sesto giorno lavorativo di fila non arrivo in ritardo in ufficio. Record! CAP VI I locali sono chiusi o deserti e capita di incrociare famosi personaggi del mondo dello spettacolo! Facciamo un selfie? CAP VII "Io non ho paura di niente. Solo un po' di me. E di quello che dice la gente" È stata una settimana complicata. A cercare di mandare avanti le baracche, col difficile compito di tenere alto l'umore tuo e del mondo intorno, a cercare di non farsi travolgere dalle paure altrui. In mezzo a chi la pensa come te, a chi soffre, a chi non la pensa come te, a chi vuole soffrire, a chi ha capito che non bastano i corsi motivazionali, a chi ha paura, a chi non vuole fermarsi, a chi si rende conto che in fondo non siamo così forti. In mezzo a chi, forse, ha capito per la prima volta cosa vuol dire non essere accolti. Qualche premio è meritato direi! E poi la nutella non la mangia solo quel coglione! CAP VIII Milano. Il tramonto e la luna in Darsena non ce li leva nessuno. CAP IX È sempre più complesso, ma ci proviamo! Non riesco ad arrabbiarmi del tutto con chi stanotte ha dato prova di immaturità. Se hai paura a volte scappi, lo dovremmo sapere. E naturalmente nemmeno con chi in questi giorni è uscito (non c'era alcun divieto in merito e molti, tra cui il sottoscritto, uscivano perlopiù per lavoro). Non era certo vietata una passeggiata dopo giorni chiusi in casa. Questo paese è nostro figlio, è il nostro specchio riflesso. Giudichiamolo e critichiamolo, ma è opera nostra. Nel bene e nel dramma. E senza troppa retorica, noi ora ci mangiamo linguine e polipetti, che altrimenti si fa fredda! CAP X Lavoriamo quasi tutti da casa oggi. Dimensione nuova per chi è abituato a trotterellare in città! Ogni tanto ci si affaccia dal balcone a spiare i cortili dei vicini, e inizia il film... <<E il vecchio diceva, guardando lontano: “Immagina questo coperto di grano, immagina i frutti e immagina i fiori e pensa alle voci e pensa ai colori e in questa pianura, fin dove si perde, crescevano gli alberi e tutto era verde, cadeva la pioggia, segnavano i soli il ritmo dell’uomo e delle stagioni…” Il bimbo ristette, lo sguardo era triste, e gli occhi guardavano cose mai viste e poi disse al vecchio con voce sognante: “Mi piaccion le fiabe, raccontane altre!”>> (Francesco Guccini) CAP XI Per anni ho invocato il “buon esempio” da seguire. Ora probabilmente tutti noi dobbiamo dare il buon esempio. Stiamo in casa, facciamo il nostro dovere e cerchiamo le cose belle intorno a noi. Ne abbiamo dai! E non rompete se per fare la spesa o andare in farmacia passo da qua (credo di non essermi mai fatto un selfie qui in 14 anni di passaggi quasi quotidiani)! CAP XII Situazione straordinaria, di sofferenza per tanti. Per moltissimi lavoratori è faticoso il presente e sarà ancora più duro il futuro. Non tutti erano pronti a un'emergenza di questo tipo, però...io ho la fortuna di lavorare in un'azienda seria, Altroconsumo, che da subito ci ha messo in sicurezza e nelle condizioni di lavorare in smartworking senza che nessuno glielo imponesse. Ed è una grande fortuna, perché penso ai lavoratori costretti a lavorare fuori, a prendere ferie o congedi o peggio ancora che si ritrovano in cassa integrazione o disoccupati. Ci sarà sicuramente il tempo per mettere in chiaro quello che i decreti (e altri...) non hanno fatto per la tutela dei lavoratori. Intanto io che in un'azienda seria ci lavoro lo dico senza problemi, e la ringrazio pure qui! Lavorare da casa in fondo un po' ci inizia pure a piacere, ma sarò felice il giorno che rimetterò piede nel solito tranquillo caos quotidiano foto di Giuseppe Gioia CAP XIII Scopriamo il silenzio. Ascoltando meglio i vicini ad esempio. Ma non origliando per farsi i cazzi loro, come si fa solitamente! Ascoltarli, per conoscerli davvero. Come si chiama il bimbo che piange sempre alla stessa ora? E non mi dà fastidio, giuro. Da quale finestra esattamente arriva il suono del violino? Cosa stai leggendo ad alta voce? Fammi capire meglio le parole. Cosa cucini di buono stasera? Non mettere troppo curry stavolta! Con chi parli sempre al telefono? Cosa guarda stasera il vecchietto col mega schermo? Anche lui al venerdì Propaganda Live? Però domani se ci incrociamo salutiamoci dai! CAP XIV Quando hai più tempo libero, ritrovi poesie. "Dopo la guerra c'era una voglia di ballare che faceva luce" Francesco Guccini vignetta di MAKKOX Viaggiare è camminare verso l'orizzonte, incontrare l'altro, conoscere, scoprire e tornare più ricchi di quando si era iniziato il cammino. (Luis Sepúlveda) Partimmo davvero. Partimmo per quel lungo viaggio che è la storia di Claudio. Io e Luca da Milano, Elena e Samuele da Casalpusterlengo. Inizialmente queste riprese mi parevano piuttosto complicate, ma quando arrivammo a destinazione tutto iniziò a schiarirsi. Davide ci accolse con grande gentilezza e mise subito in chiaro le cose: “Vi porto in un posto bellissimo per la mia intervista. Ha un senso. Capirete” Ci portò lassù, dove le parole non servono. Nemmeno un'immagine a volte serve. Certe cose vanno viste con i propri occhi e quel momento resterà unico. Non si potrà più riprodurre. Stop. Davide sa cosa raccontare e sa come farlo. Per quaranta minuti non facemmo altro che ascoltare. Custodirò (e presto condividerò con tutti) un suo regalo: la lettura di un testo di Claudio a lui caro, in un luogo speciale. Ma ci siamo dilungati troppo e Cristina aspetta da mezz'ora alla baita! Lo sguardo con cui ci accoglie parla da sé: “Va bene, siete perdonati!” Allestiamo rapidamente il set per l’intervista, il clima è familiare. La tensione per il lavoro pian piano diminuisce e ci prepariamo, inconsapevolmente, a passare circa quattro ore assieme! L’intervista diventa semplice per me, basta poco per spiegare il senso di questo progetto. Cristina ha tanto da dire, sia su Claudio che sugli altri temi trattati. Ci racconta del suo passato, ci legge dei brani e quella chitarra vicino lascia solo immaginare cosa sta per succedere. Mentre esegue solo per noi Piccola Faccia tratteniamo tutti a stento l’emozione. È un altro regalo che proprio non ci aspettavamo. Poi andiamo a mangiare tutti insieme, anche con il piccolo Leo, interista ovviamente! Cibo e vino ci avvicinano ulteriormente. Le distanze di qualche ora prima sono un lontano ricordo. Merito di Cristina, di Davide, della loro splendida accoglienza. Merito delle montagne intorno, che ci hanno protetto tutto il tempo. Invitarci lassù è stato il loro modo di volerci dire che certe cose vanno raccontate nei posti giusti. Lassù, attraverso le terre del suono. Tutto è nato quel giorno di aprile, e sarà bello ritrovarsi tutti a presentare un libro che in fondo anticipa tante altre tappe di questo viaggio. Ci saremo tutti, e ci sarà anche Manuel. Che forse non lo sa, ma è tra quelli che mi ha insegnato a non aver mai paura di prendere posizione, anche nel mondo artistico. Un anno e mezzo fa siamo partiti per un viaggio alla scoperta di Claudio. Quello che sta accadendo è la logica, splendida, conseguenza. "La commedia all'italiana è finita, quando i registi hanno smesso di prendere l'autobus" diceva Monicelli. Il viaggio che un mese fa mi ha portato da Milano a Cosenza potrebbe essere un suo film! Salito sul tram, sudato e già incazzato per i vari ritardi, resto in piedi. Un signore di mezza età mi fissa e sorride. Mi giro dall'altra parte. Al capolinea del 3 mi avvicino alla porta, alza la mano e chiede: "scusa, posso farti una domanda?" Acconsento, con qualche sudore in meno. "Di dove sei?" "Calabria", rispondo. Ride. "Si vede!" Sorrido pure io. "E somigli a mio amico pure calabrese. Poi una mia cugina è sposata pure con calabrese" "E tu?" "Io vengo dal Marocco, ma mi piace tanto la Calabria". Ci auguriamo buona giornata, poi riprendo la corsa verso la stazione. FrecciaRossa Milano-Napoli. Offrono colazione e quotidiano. Dopo la fermata di Roma ripassano per servire chi è appena salito, e mi chiedono: "Boarding Rome?" (io con l'inglese litigo, ma lui… 🙄). Vai a capire a che nazione mi può avere associato… Regionale Napoli-Cosenza. Partito in ritardo, può succedere. A Salerno una ragazza si sente male e viene giustamente soccorsa. Dopo essere ripartiti il capotreno ferma tutto: la ragazza è scappata dall'ambulanza e la cercano in treno! Meno frequente, ma tuttavia può succedere anche questo! Per concludere, un simpatico uomo piuttosto ben piazzato gira per i vagoni con un sacchetto vuoto e denuncia un furto...di mozzarelle. Due chili! Non dovrebbe succedere, ma se succede fa ridere un sacco, garantisco. Il tutto mentre parlo con una giovane coppia vicina al matrimonio. Vivono a Monza, adorano Milano, ma quando tornano al Sud… Ecco, ad esempio anche a me piace il Sud. Ma anche il Nord. E tutto ciò che di bello e, a volte, ingenuo l'umanità possa regalare. Nel bene e nel male. "Se mai qualcuno capirà, sarà senz'altro un altro come me" La Calabria è immagine: Il canto ininterrotto delle cicale. Giovani artisti, speranza per una vera svolta. Le case vuote dei centri storici. Giovani attivisti. Il canto popolare. Razzisti, ma è inutile sforzarsi di essere cattivi: a ogni ospite, gradito o meno, farete sempre assaggiare il caciocavallo fresco o la salsiccia casereccia. Anziani che ti spiano. Bambini che ci guardano. Montagne, difficile associarle a questa Terra, eppure ci sono. Bagni al tramonto. Gatti tra le vie dei quartieri, randagi ma non troppo. Mucche nei laghi. Gufi che attraversano la strada. Gabbiani che prendono il sole. Voci nelle strade. Meduse. Il peperoncino. Internet che spesso manca ma non ti manca. Fuochi d'artificio. Aperitivi alternativi su terrazze vista mare. Strade piene di buche (e bene o male le prendo tutte). Tanto mare, dove con un po' di fantasia vedi il tuo passato e il tuo futuro. E prima o poi oltre ai tramonti, aspetteremo anche l'alba. Immagine, come "una somma di passi, che arrivano a cento" Tante cose ci sono ma non si vedono nitidamente. Come l'Etna in lontananza. Come la gente che ha solo voglia di star bene. Come i bambini che ci guardano mentre scoprono che spesso i desideri sono più belli delle conquiste. Come Stromboli fumante. Come il barbiere del paese che ti racconta la bellezza del suo lavoro. Come la musica popolare. Come questo mare (e ti chiedi come sia possibile che da tanta bellezza possa nascere altrettanta sofferenza). Come chi prova a immortalare un tramonto perfetto. Come una bandiera che, in fondo in fondo, non serve davvero a nulla. Come noi, che un po' ci divertiamo a osservare e raccontare, un po' cerchiamo parole acchiappa like, un po' evitiamo di diventare quel "mostruoso animale fatto semplicemente di istinto e di raziocinio, una specie di cinghiale laureato in matematica pura" In ogni posto nuovo voglio sentirmi a Casa e dopo ogni viaggio raramente porto con me souvenir, ma ricordi. Come a Stoccarda:
Se poi le edicole sono tappezzate dal volto di una ragazza tedesca, Carola, che ha saputo prendere una decisione, tutto è ancora più luminoso. Magari darà coraggio ad altri. Mi piace leggerla così. Lacio drom. p.s. Io in tedesco so dire solo "Ein Bier" eppure per certi messaggi non serve il traduttore. Negli ultimi anni ho passato il 25 aprile in quella che è diventata la mia, splendida, città. La città Medaglia d'oro della Resistenza. La città che mi ha insegnato il valore della Resistenza. Ma quest'anno non ero a Milano. Questo 25 aprile sono stato a Tarsia, in Calabria, in quello che fu uno dei più grandi campi di internamento aperto dai fascisti. E fu anche il primo ad essere liberato. A dire il vero ha una storia particolare, lo storico ebreo inglese Jonathan Steinberg ha definito il campo di Ferramonti come "il più grande kibbutz del continente europeo". Nessuno degli internati fu vittima di violenze. Non fu in alcun modo un campo di transito per i lager tedeschi. Era consentito professare la propria religione. Il primo direttore, Paolo Salvatore, venne allontanato dal campo agli inizi del 1943 per un atteggiamento troppo permissivo nei confronti degli internati. Il frate cappuccino Lopinot aiutò tutti, senza distinzione di credo e religione (per tenere lontano i nazisti, issó una bandiera gialla nel campo, simbolo della presenza di malattie infettive). Anche il maresciallo del campo, Gaetano Marrari, viene ricordato dagli internati con grande affetto per la sua umanità. Tra i prigionieri ci fu Moris Ergas, ebreo greco, che diventò poi uno dei più importanti produttori cinematografici ("Il generale della Rovere" di Roberto Rossellini con Vittorio De Sica, "Kapo" di Gillo Pontecorvo, "La parmigiana" di Antonio Pietrangeli, "Ragazzi di vita" di Pier Paolo Pasolini). Ecco, ha senso essere passato da qui. Questa regione, la mia Terra, potrebbe dare tanto. Lo ha dimostrato anche durante la pagina più nera e cupa della nostra storia, mostrando un'umanità che dobbiamo rivendicare con orgoglio. #PrendiamoPosizione ![]() Lo avrai camerata Kesselring il monumento che pretendi da noi italiani ma con che pietra si costruirà a deciderlo tocca a noi. Non coi sassi affumicati dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio non colla terra dei cimiteri dove i nostri compagni giovinetti riposano in serenità non colla neve inviolata delle montagne che per due inverni ti sfidarono non colla primavera di queste valli che ti videro fuggire. Ma soltanto col silenzio del torturati più duro d'ogni macigno soltanto con la roccia di questo patto giurato fra uomini liberi che volontari si adunarono per dignità e non per odio decisi a riscattare la vergogna e il terrore del mondo. Su queste strade se vorrai tornare ai nostri posti ci ritroverai morti e vivi collo stesso impegno popolo serrato intorno al monumento che si chiama ora e sempre RESISTENZA (Piero Calamandrei) Esiste uno sport dove dopo la gara, rude, gli avversari si incontrano per bere e mangiare assieme. A volte anche con a seguito famiglie e tifosi. Qualche anno fa partecipai a una strana iniziativa, mirata a rafforzare l'intesa del gruppo di lavoro. Una giornata di rugby, allenati da un ex-nazionale! Lo scetticismo iniziale sparì in pochi minuti, dato che non si trattava di una di quelle iniziative dove ti chiedono di urlare "SEI IL MIGLIORE!" o cazzate del genere. Niente di tutto questo, si trattava invece di un messaggio diverso: il successo te lo devi saper conquistare, sudare, con sofferenza se serve. Con lotta, sudore, fango e anche una spalla slogata (breve storia vera di chi gioca a rugby per la prima e, probabilmente, ultima volta) E mi sono anche reso conto che di tanti colleghi non conoscevo nemmeno il nome. In una squadra non si dovrebbe mai essere estranei. Ma la cosa che più mi ha affascinato è stato il dopo partita. Tutti insieme a bere e mangiare senza ansia da competizione e da prestazione! Ricordo che da ragazzo dopo le partite di calcetto spesso si tornava a casa incazzati per aver perso, o per non aver fatto quel gol tanto sognato! È il terzo tempo del rugby, che nel calcio forse non ci sarà mai. Perché oggi il calcio, e lo dico da grande tifoso, è più che mai lo specchio della società, che con la vera condivisione ha poco a che fare. Non si pensa alle imprese della propria squadra perché è più divertente irridere l'avversario, lo sconfitto. Lo facciamo tutti, ammettiamolo senza ipocrisia. E non lo facciamo solo allo stadio o al bar davanti a una partita, lo facciamo ovunque. Se l'unico modo per sentirci grandi è vedere più piccolo il mondo che ci circonda, stiamo consegnando alle nuove generazioni un mondo di merda. Stiamo diventando il cattivo esempio da non seguire. ![]() Al The Bridge ci passai la prima volta per caso. E nemmeno mi piacque troppo. Al The Bridge c’era sempre caos, quel caos che rende bella una metropoli. Al The Bridge ci sono tornato e c’era solo Livio. Sono rimasto. Al The Bridge capitava di litigare con uno sconosciuto. Litigare per delle idee. È bello a volte. Al The Bridge abbiamo spesso recitato e urlato Rabbia contro tutti, anche contro noi stessi. Al The Bridge non c’è mai stata ipocrisia. Altrove si, al The Bridge mai. Al The Bridge uscivi sempre con buoni propositi (da deludere puntualmente, ma pur sempre buoni erano). Al The Bridge a volte mi sono andato a nascondere. Al The Bridge spesso mi sono preso sul serio. Al The Bridge c’era anche Emanuel Carnevali. Al The Bridge c’era l’ossigeno buono di via Gola. Al The Bridge ho incontrato Peppino Impastato negli occhi di un militante di radio Aut. Al The Bridge forse non mi sono mai ubriacato. Al The Bridge c’era buona musica. Al The Bridge c’era l’ultimo Dio. Al The Bridge spesso non mi sono preso sul serio. Al The Bridge ho incontrato un militante di radio Aut. Al The Bridge io e Milena facevamo sempre pace. Al The Bridge mi sono spesso ritrovato. Al The Bridge ci si sedeva attorno a un tavolo con sconosciuti a decidere come risolvere i problemi del nostro mondo debole e vecchio. Al The Bridge ho parlato con Livio. Ho letto dei suoi demoni che sono diventati, spesso, i miei. Al The Bridge non avevi mai paura del profondo silenzio che segue alle risate. Al The Bridge non ci sono andato per mesi, ma sapevo che stava sempre lì ad aspettarmi. Al The Bridge c’erano operai, lavoratori, poeti, clochard, matti. E tutti ti salutavano. Al The Bridge sapevi di avere almeno una buona abitudine. Al The Bridge c’è quello che non c’è. E anche quello che non ho. ![]() Voi che vivete sicuri Nelle vostre tiepide case, Voi che trovate tornando a sera Il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo Che lavora nel fango Che non conosce pace Che lotta per mezzo pane Che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna, Senza capelli e senza nome Senza più forza di ricordare Vuoti gli occhi e freddo il grembo Come una rana d'inverno. Meditate che questo è stato: Vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore Stando in casa andando per via, Coricandovi alzandovi; Ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, La malattia vi impedisca, I vostri nati torcano il viso da voi. (Primo Levi) ![]() “Io sono arrivato, come esule, in un Paese che aveva fatto la guerra partigiana, difeso uno statuto dei lavoratori. Sono arrivato in un Paese che era molto simile a quello che sognava Allende in quel momento lì. Oggi viaggio per l’Italia e vedo che l’Italia assomiglia sempre di più al Cile, nelle cose peggiori del Cile…” SANTIAGO, ITALIA parla di noi. Nel bene e nel male, una buona abitudine del Maestro Moretti. C'è una scena dove istintivamente ho messo una mano sul cuore: all'improvviso sul grande schermo compare Gian Maria Volontè, durante una manifestazione a sostegno del popolo cileno costretto a lasciare la propria Terra. Uno degli intervistati parla della sorpresa provata nel vedere quell'attore famoso in prima fila, commosso davanti alle loro storie. Per qualche secondo il volto e la voce di Volontè tolgono il fiato, è come essere insieme a lui e ai cileni. Pochi, preziosi, secondi che valgono oro. Il film è intenso, consiglio a tutti gli esseri umani di guardarlo. E l'attivismo di Volontè mi porta, ancora una volta, a riflettere. Pare che il set di “Giordano Bruno”, del 1973, fosse pieno di profughi cileni ai quali Volontè cercava di procurare lavori, anche come comparse: “Alcuni di loro interpretavano i cardinali dell’Inquisizione e durante le pause delle riprese vedevi questi sudamericani vestiti da prelati che leggevano ‘l’Unità’”. FONTE ALBERTO CRESPI Ecco cosa vuol dire #PrenderePosizione: avere un ruolo nel mondo al di fuori del proprio, fare qualcosa di utile per la collettività. Vale per gli artisti, ma, soprattutto, per noi semplici cittadini. Anche se il nostro maggio Ha fatto a meno del vostro coraggio Se la paura di guardare Vi ha fatto chinare il mento Se il fuoco ha risparmiato Le vostre Millecento Anche se voi vi credete assolti Siete lo stesso coinvolti E se vi siete detti Non sta succedendo niente Le fabbriche riapriranno Arresteranno qualche studente Convinti che fosse un gioco A cui avremmo giocato poco Provate pure a credevi assolti Siete lo stesso coinvolti Anche se avete chiuso Le vostre porte sul nostro muso La notte che le pantere Ci mordevano il sedere Lasciamoci in buonafede Massacrare sui marciapiedi Anche se ora ve ne fregate Voi quella notte voi c'eravate E se nei vostri quartieri Tutto è rimasto come ieri Senza le barricate Senza feriti, senza granate Se avete preso per buone Le "verità" della televisione Anche se allora vi siete assolti Siete lo stesso coinvolti E se credete ora Che tutto sia come prima Perché avete votato ancora La sicurezza, la disciplina Convinti di allontanare La paura di cambiare Verremo ancora alle vostre porte E grideremo ancora più forte Per quanto voi vi crediate assolti Siete per sempre coinvolti Per quanto voi vi crediate assolti Siete per sempre coinvolti (Fabrizio De Andrè) ![]() Mi viene in mente quel film di Ettore Scola, “Concorrenza sleale”. Uno dei personaggi, interpretato dal bravissimo Augusto Fornari, a un certo punto diventa così tifoso del fascismo da arruolarsi. Ma è così incapace di prendere posizioni, così poco autoritario, che alla fine per errore si ferisce da solo con un fucile. Ecco, oggi mi viene in mente questo personaggio. Lo vedo spesso (più su web che in strada, ma il passo può essere breve). Ma non mi spaventa. Perché la società che combatte, per fortuna, è migliore di lui. E forse pure più numerosa, anche se soffre di solitudine ultimamente. Ma capita di incontrarci, un po’ alienati eppure uniti, in qualche modo. Con un pugno chiuso sulle note di Varsavia di Pierangelo Bertoli, con la cassiera che ti offre una birra per scusarsi della lunga attesa. Con il goffo signore che mangia patatine a sbafo ma ti guarda con complicità e dice “te lo passo io il piatto, se non ci aiutiamo tra noi compagni…” e poi va via. Con i canti sulla Resistenza in luoghi chic della Milano da bere che spesso tira fuori un cuore dal colore giusto, al posto giusto. Esiste insomma una massa di persone che ha semplicemente voglia di condividere, di condividersi. Ma non con un click. Ah, quel pugno chiuso era accompagnato da un grido “non si deve ballare questa, una canzone così politica non si balla mai! Ricordatevelo!“ Ecco, ricordiamocelo, che a furia di ballare sul mondo rischiamo di farlo rotolare male chissà dove. Nessun futuro ultramoderno. E’ raggiunto il culmine del progresso il nostro percorso cambia inesorabilmente ed ecco iniziare la lunga discesa. Di rado qualche ostacolo pare fermare la corsa ma è solo un'illusione creata dalla speranza e si ricomincia più veloci di come si salì senza immaginare la sorpresa dell’arrivo. La paura che sale dalle gambe e crea quel panico che riporta i ricordi all'origine. I più nascosti riemergono dal baratro, un sorriso, un pianto, e si precipita. Nessuno capirà, nessuno reagirà sarà subito abitudine la nuova realtà. La discesa è finita, e mentre accendo il fuoco con due pietre dietro l’angolo sento la lotta. Chi non muore avrà il suo pezzo di pane. da In questa nostra stanza (Vitale Edizioni, 2005) ![]() Il buon esempio. #ilbuonesempio @ilbuonesempio Da anni in qualsiasi contesto, pubblico o riservato che sia, cerco e chiedo un buon esempio da seguire. Invece niente, trovo solo belle citazioni del passato. Belle facce del passato che inevitabilmente diventano mie. Scolpite sulla mia pelle. Ultimamente incontro spesso Peppino Impastato: negli occhi del militante di Radio Aut conosciuto al The Bridge Cafè, nei manifesti appesi nel parco di Chiesa Rossa durante un ritrovo politico, sul web citato da chi ha (ancora) dei buoni modelli da seguire o dagli imbecilli dei nostri tempi che insultano anche i morti. Lo ritrovo in quelle foto senza tempo. Peppino Impastato è senza tempo. Con ideali. Non uno di quelli "moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta va bè, ma di morte lenta". E oggi avere un ideale è come scegliere di stare fuori dal tempo. Allora ci si alza al mattino col desiderio di incontrare di nuovo al bar un militante di Radio Aut, che parli di come si stava insieme, di come si costruivano le proteste attraverso i vari linguaggi artistici. Del senso della collettività. Della condivisione (senza click e senza mouse). Oppure di camminare per le vie di Milano e imbattersi in piccole grandi bellezze fatte di citazioni sui muri, disegni, immagini, ricordi. Immagini e parole che mantengono viva la speranza di imbattersi prima o poi nel vero cambiamento o, magari, nel buon esempio. Un mare di gente a flutti disordinati s'è riversato nelle piazze, nelle strade e nei sobborghi. E' tutto un gran vociare che gela il sangue, come uno scricchiolo di ossa rotte. Non si può volere e pensare nel frastuono assordante; nell'odore di calca c'è aria di festa (Peppino Impastato) Un pomeriggio aspettando lei in una stazione ferroviaria calabrese, ascolto un individuo seduto al bar. Seduto da diversi anni presumo. Io e un paio di ragazzi africani giriamo a zonzo in solitudine. Tutti in attesa. Insieme a lui al tavolo del bar un paio di persone silenziose, del tutto disinteressate al suo monologo. Poi all'improvviso arriva una signora: "Tutta colpa i chissi i sinistra. Te lo dico io che gli farei a questi, guardali, stanu cà. Cose da pazzi. Non devono venire qui, lo volete capire o no? Poi sai che ti dico compà...ahhhh ciao carissima, come stai? Da quanto tempo, che fine hai fatto? Lavori sempre eh, mi hanno detto che sei brava, che senza te la gelateria non funziona! Brava! Come? Ma no parlavamo di questi che vengono e non fanno niente e ci rubano il lavoro! Ma no di te, fossero tutti come te, poi il tuo paese è bello. Non come quello degli altri. Come si chiama il tuo paese? Ah si si, ora mi è venuto in mente! Poi te l'ho detto, un conto è che vieni qui e lavori, produci, un conto è che vieni qui a non fare niente e rubarmi il lavoro. Ho ragione o no?" Illuminante! “Viviamo nella paura, ed è così che non viviamo” diceva qualcuno. Ecco la grande paura del nostro secolo! Il furto del far niente! Il potere è stare in piedi all'angolo di una strada senza aspettare nessuno, diceva Gregory Corso. Chissà se è mai stato a Salina. Salina. Tutti ti parlano, tutti ti sorridono. Anche i vecchi che forse desideravano una vita diversa o semplicemente una vita sulla terra ferma. “Dove si mangia il pesce fresco qui?” chiedo a una signora in strada. “Dopo la piazza, al mattino il papà anziano lo va a pescare e la sera i figli lo cucinano. Prendilo arrosto, è buono. Mi piacerebbe andarci, ma nessuno mi ha mai invitata a cena. E' strana la vita qui. Siamo pochi. Mi sarebbe piaciuto essere invitata da un bell'uomo, fare il giro dell'isola. Andare a mangiare il pesce fresco. Amarlo. Crescere i figli. Aspettarlo. Perché qui devi sempre aspettarlo di ritorno dalla terra ferma. Mi sarebbe piaciuto ma sono felice anche così. A vivere in un posto che anche tu sogni la notte o forse a occhi aperti. Affari tuoi. E sono felice di vedere i vostri volti contenti. O comunque volete esserlo. A volte è come esserlo. E' strana la vita qui. Ma siamo felici anche quando ci sentiamo soli. Non è bellissimo questo? Adesso vai, che il pesce fresco poi finisce e a voi lascia gli scarti! Andate, salite fino in cima e non stancatevi. Non stancatevi mai” Tutti e due seduti. Due tavoli diversi. Non si guardano, sorseggiano ogni tanto una birra, l'ennesima della serata o la stessa da due ore? Uno un tempo era falegname. Ora è un vecchietto di quelli che mette buonumore solo a osservarlo. Viso sereno, sorriso facile. Il fisico non deve essergli amico, la magrezza e le stampelle lo confermano. Ma è sereno e si vede. Solo? Non lo so, ma pare felice e senza paura. L'altro un tempo faceva i suoi personali comizi razzisti nei bar. È l’unico ricordo che ho. Ora è quasi anziano, vestito elegantemente. Gioca a carte con altra gente ma non parla mai. <<Buonasera>>, per la prima volta l'ho salutato (anche se con i fascisti non parlo). Ha risposto, ma pareva assente. Guardava la televisione. In quel momento c'era uno di quei film di Woody Allen in cui il protagonista ha una paura matta della morte. Uno felice, l'altro no. Entrambi a dover convivere quasi da estranei in un paese che non ha voglia di farsi troppe domande. Torno a casa con la sensazione di dover preparare una valigia sempre più pesante, ma le parole di un sindaco di un paesino calabrese mi distraggono. Dice cose belle. Mi rendono orgoglioso della mia terra. Mi fa capire che dobbiamo sempre guardare oltre la nostra stanza. “chi siamo noi per decidere della vita di un’altra persona? Come ci permettiamo?” “e chi siamo noi per limitare la libertà di movimento delle persone?” “io sono uno zero. Io condivido la mia vita con gli zero, con gli ultimi” Una sera a Stromboli. Una sera da turista. Un ragazzino sveglio (molto sveglio, troppo sveglio) chiede: "ma voi dalla Calabria cosa andate a fare a Milano?" Sbaglio risposta: "...per lavoro" E lui: "e non potevi andare in Puglia, o in Basilicata?" Mi ha fregato. Dopo qualche giorno, di ritorno verso casa, penso alle parole del giovane curioso. Penso tra me e me o forse ad alta voce: a casa? Ma io non ho Una casa. Io voglio sentirmi a casa ovunque. Ecco la risposta giusta da dare al ragazzino sveglio di Stromboli: partiamo, andiamo via per visitare e conoscere tutte le nostre case. Il cielo è uno ed è di tutti. La terra pure. E divento sordo davanti a tutti gli idioti che rivendicano di appartenere a una terra che quotidianamente stuprano. Che non sanno accogliere ma pretendono di essere accolti. Che chiedono e non sanno dare, ma la domenica tutti a pregare per paura di far piangere il proprio Cristo. Che sanno minacciare solo dalla propria Stanza davanti a uno schermo, in attesa di esser chiamati dalla mamma o da una santa donna di passaggio: "è pronto da mangiare, vieni!" Retorico? Si. Ma è il male minore di questi tempi. Non poter aprire gli occhi in una stanza comunque buia. Se capita devi per forza aggrapparti a qualche bel pensiero, che sia materiale o onirico. Viviamo un tempo in cui tutto deve bruciare in fretta, anche le nostre stesse emozioni. Ma se capita di doversi fermare per forza qualche attimo in più, che sia disteso sul letto o in riva al mare, seduto dentro un freddo torrente di montagna o tra le vie del tuo quartiere, allora ecco che ti ritrovi davanti quel vortice dal quale cerchi sempre di scappare. E per una volta non lo sfidi ma lo osservi, lo contempli quasi con affetto. Eppure non vuole te. Passi la vita a pensare che un vortice ti voglia inghiottire ma in realtà per Lui nemmeno esisti. Gli fai anche un po’ schifo probabilmente. Una sera di qualche anno fa, costretto al buio, ho scoperto una canzone che mai più scorderò. Una canzone diventata un mio bel pensiero in quella Stanza comunque buia. |