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Capita di fare ordine e pulizia (vero?). Magari ascoltando buona musica (nel mio caso specifico una strana compilation di Vasco Brondi). Capita di trovare vecchi scritti, tendenzialmente brutti. D’altronde se non li pubblichi, se non li condividi, evidentemente fanno cagare anche a te che li scrivi. Ne ho trovano uno particolarmente datato (oltre Venti anni fa, e il ventennio non è mai un bene, si sa!). Probabilmente una delle tante esercitazioni di scrittura. Esercizio per fortuna abbandonato in tempo! E ho pensato: perché non condividere questo scarto con l'immenso popolo del web? Quel popolo che sa come valorizzare determinate materie insomma! Ecco a voi un testo che non merita nemmeno un titolo! _________________ (il lettore scelga il titolo) Ma quanto vorrei dirti cosa penso di te. A te. A te, che fai finta di ascoltare ma pensi solo a te. A te, che cerchi sostegno. Sostegno, che tutti vorremo sempre. Sempre, che parola stupida e inutile. Inutile, come il tempo che passa. A volte. A volte, penso anche di avere una qualche forma di talento. Talento, che non serve a nulla in questo call center che mi ha appena assunto. A tempo determinato. Determinato. Come me e come quelli che voglio intorno. Intorno, in questo cazzo di call center dove tutti corrono appresso ai numeri: “oh mica salvi vite umane, coglione!” Coglione. Specchio. Specchio, specchio delle mie brache, dove sarò domani? Domani, spero di incontrare la donna della mia vita. Vita, che paroloni. Paroloni, che fa rima con volgari pensieri. Pensieri, disperati e alla ricerca di un’idea che possa piacerti. Piacere. Piacere, a chi poi? Poi, prima o poi partirò. Partirò. Con te partirò. Ma con te chi? Chi: chi sei tu che mi guardi in autobus? Non sono Rino, io non ti so raccontare. Raccontare, fa rima con mare. Mare, un giorno imparerò a nuotare. Nuotare, come quella volta che stavo per annegare per inseguire un’illusione. Illusione, come questi tempi che secondo me dureranno un sacco di tempo. Tempo, ho sempre bisogno di tempo. Hai sempre bisogno di tempo. Abbiamo sempre bisogno di tempo. Ma chi ce lo regala? Regala, “regalami il tuo sogno” dice una canzone che passa adesso la radio. Radio, mi piacerebbe lavorarci, ho una bella voce. Me lo dicono tutte e tutti anche se poi non me la/lo danno. Danno, ecco qui si potrebbe scrivere un romanzo. Ma un romanzo è una cosa seria, Mica tutti lo dovrebbero solo pensare. Pensare. Di nuovo. Nuovo, mi trovo nuovo. Solo per oggi. Oggi, è già domani. Ma è uguale a ieri. Ieri. Domani parto. Parto. No, non sarò mai padre. Padre. Nostro. Vostro. Di nessuno. Nessuno dovrebbe scrivere facendo elenchi. Elenchi. Odio gli elenchi. Quanto mi stanno sul cazzo gli elenchi!
2 Comments
Sirena
6/7/2023 01:39:15
Non è brutto! È bello.
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Elena
6/7/2023 13:13:49
Titolo: IERI. DOMANI PARTO
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Marzo 2024
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