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Tutti e due seduti. Due tavoli diversi. Non si guardano, sorseggiano ogni tanto una birra, l'ennesima della serata o la stessa da due ore? Uno un tempo era falegname. Ora è un vecchietto di quelli che mette buonumore solo a osservarlo. Viso sereno, sorriso facile. Il fisico non deve essergli amico, la magrezza e le stampelle lo confermano. Ma è sereno e si vede. Solo? Non lo so, ma pare felice e senza paura. L'altro un tempo faceva i suoi personali comizi razzisti nei bar. È l’unico ricordo che ho. Ora è quasi anziano, vestito elegantemente. Gioca a carte con altra gente ma non parla mai. <<Buonasera>>, per la prima volta l'ho salutato (anche se con i fascisti non parlo). Ha risposto, ma pareva assente. Guardava la televisione. In quel momento c'era uno di quei film di Woody Allen in cui il protagonista ha una paura matta della morte. Uno felice, l'altro no. Entrambi a dover convivere quasi da estranei in un paese che non ha voglia di farsi troppe domande. Torno a casa con la sensazione di dover preparare una valigia sempre più pesante, ma le parole di un sindaco di un paesino calabrese mi distraggono. Dice cose belle. Mi rendono orgoglioso della mia terra. Mi fa capire che dobbiamo sempre guardare oltre la nostra stanza. “chi siamo noi per decidere della vita di un’altra persona? Come ci permettiamo?” “e chi siamo noi per limitare la libertà di movimento delle persone?” “io sono uno zero. Io condivido la mia vita con gli zero, con gli ultimi”
1 Comment
8/9/2018 10:31:52
Hai ragione, bisogna sempre guardare oltre la nostra stanza 😍
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Marzo 2024
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